Sapeva di rischiare la vita.
Conosceva la ferocia dei suoi aguzzini.
Ruqia aveva scritto più volte di
prevedere la sua fine, fino quasi a descriverne l’epilogo. La sua scelta di continuare
a combattere per la libertà rimase, però, lo scopo della sua vita. La sua
potente arma era la parola che Lei utilizzava per descrivere le condizioni di
vita di Raqqa, i soprusi dello stato islamico, le violenze subite da donne e
bambini e le atrocità che hanno disseminato di vittime i territori mortificati
dal folle estremismo religioso.
Il califfato giustifica le stragi
invocando il volere di un dio vendicatore che viene inneggiato in occasione di
ogni conquista, magari svanita in poco tempo, considerato che la reazione alle
atrocità diviene sempre più consapevole. Magari i tagliagole hanno scomodato la
stessa divinità quando hanno rivolto contro Ruqia chissà quale arma orrenda che
la vittima non poteva contrastare con la sua “modesta parola” che, però,
innocua non è.
Eh no!, i jihadisti hanno soppresso
la Ruqia che avrebbe continuato la sua battaglia di libertà, ma non possono
sopprimere i messaggi che Lei ha già inviato al mondo.
Le parole che Ruqia ha già
pronunciato non possono essere “eliminate”! Sono già patrimonio dell’umanità.
Esse, così come l’esempio di dignità umana incancellabile, continueranno ad
alimentare l’umano e insopprimibile bisogno di giustizia e libertà.
Con ogni probabilità si potranno
esaurire le munizioni che l’isis utilizza, soprattutto se i saggi del mondo si
decideranno a far chiudere i flussi di denaro che ancora alimentano il
califfato, ma le parole di Ruqia conserveranno la loro forza inesauribile che,
prima o poi, riuscirà a soffocare l’inumana follia!
Nip
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