La marcia di Parigi riesce lenire un po’ il dolore e ad esorcizzare un
po’ la paura, ma la domanda sul “cosa fare” per contrastare il terrorismo
riemerge vigorosa. Qualcuno propone limitazioni alla libera circolazione dei
cittadini dell’area “Schengen” e non mancano i sostenitori della maggior tutela
della sicurezza, anche a scapito della privacy (sull’opportunità di
quest’ultima misura non credo possano sussistere dubbi). Molti dubbi permangono,
però, sulla possibilità che hanno avuto
i terroristi di portare a termine il loro macabro piano, malgrado fossero ben
noti alle autorità francesi. La loro pericolosità era ben nota (anche in
Italia) ed erano stati raccolti elementi inequivocabili che potevano far
prevedere la loro azione. Allora io credo la parte preponderante del “cosa
fare” può essere ben individuata nel potenziamento di vigilanza e prevenzione.
I Kalaschnikov non sono pagliuzze che si possono trasportare nascondendole in
un taschino. Se i terroristi ultra sospettati hanno avuto la possibilità di
attrezzarsi indisturbatamente e di andare in giro armati fino ai denti, senza
essere notati da nessuno, è necessario rivedere i metodi di indagine e
l’utilizzo delle informazioni, soprattutto quando sono così scottanti.
Nip
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